martedì 15 gennaio 2013

Sandrino

Sono da poco rientrato dal funerale di Sandrino Carrea, la chiesa gremita, la piazza invasa di amici, compaesani, delegazioni e sportivi eroici, poi il lungo serpentone di folla al seguito del feretro fino al cimitero di Cassano, fino alla cappella a pochi passi da quella del Campionissimo Girardengo.
Un solenne ed affettuoso ultimo saluto, ma al contempo sobrio, come avrebbe voluto lui.
L'occasione (triste, purtroppo) per ritrovare vecchi amici e conoscenti, appassionati di ciclismo che hanno ricordato i vecchi tempi... -Belin, utant'ann l'andava ancora in bicicléta... come una scheggia! l'è migliu se attacco la bici al chiodo! - .Povero Sandréin, l'era tanto amico col Fausto, ci voleva bene! - No, No... son sicuro, lo conosceva mio zio ai tempi della Siof, a lui gli piaceva il Campagnolo, mica il Simples.-  tutti nella piazza a parlare di ciclismo come piaceva a lui!

All'entrata della chiesa c'erano dei fogli azzurri con le parole di Marco Pastonesi, ne ho preso uno e ne riporto qua di seguito il testo:

Adesso è proprio finita

Con la morte di Sandrino Carrea, ultimo protagonista di un ciclismo mai più pedalabile, adesso è proprio finita l'epoca di Fausto Coppi. Si volta pagina. Per sempre.
Carrea è morto ieri, di notte. Aveva passato il sabato come meglio, di questi tempi ricchi di galaverna e nebbia, non avrebbe potuto: a caccia. A caccia di cinghiali, o forse di ricordi. La sua passione, urgente e coscente. Poi a casa, camicia a scacchi, stufa a legna, fame atavica, sguardi che volevano più delle parole, e a letto presto. Alle 4 si è svegliato, senza fiato, giusto quello per dire "vado", e il tempo di morire, così, senza un perchè.
Si chiamava Andrea, ma per tutti era Sandrino, e quello è stato l'unico diminutivo di una vita maiuscola. Nelle forze: esagerate. Nella generosità: infinita. Nel rigore: assoluto. Nella lealtà: esemplare.
Così esemplare da ribaltarsi contro di lui. Dieci giorni fa, camicia a scacchi, stufa a legna, fame atavica, a cena nella sua cucina -un privilegio raro- confessava, con pudore, quasi vergogna, quel Giro di Lombardia del 1956, quando lui, Sandrino, aiutò Andre Darrigade sul Ghisallo, poi Darrigade rientrò su Coppi e lo fulmino al Vigorelli, Coppi che scoppiò in lacrime, Darrigade che vuotò le tasche di soldi da regalare a Carrea. Ma nel 56 Coppi era passato alla Carpano, Carrea era rimasto alla Bianchi e il suo capitano diventato Darrigade.
Carrea sembrava immortale. Il tempo -nato nel 1924, pedalava possente verso gli 89 anni- aveva appesantito quel corpo minerale scavato fin nelle ossa quando era riuscito a tornare dalla guerra, dalla prigionia, dalla Russia. A piedi. Faticava a raccontare quegli anni vissuti alla giornata, perchè più in là del tramonto le speranze non erano autorizzate a spingersi. Poi, però, Sandrino si è rifatto. Il suo primo Coppi è stato Serse: storto di faccia e fisico, storto anche in bici, ma allegro, spensierato e donnaiolo. Serse lo portò da Biagio Cavanna, che vedeva con le mani. E quando "vide" il collo di Carrea, taurino, e le spalle, erculee, e le mani, contadine, se ne innamorò. E lo elesse angelo custode di Coppi. Se Ettore Milano era l'angelo che sapeva trovare le parole giuste per confortare Fausto, Sandrino era l'angelo che sapeva dettare le pedalate su Stelvio e Pordoi, su Bocchetta e Alpe d'Huez, là dove la strada tira in alto, verso le vette, nuvole e cielo. Carrea si fermava ai cancelli del cielo. E, con quel pudore da gregario perfetto, lasciava Coppi salire solo in paradiso. Non c'è ordine d'arrivo o classifica generale che possano rendere merito al valore di Carrea. Il suo era un ciclismo da trincea, razione K, moschetto. Cioè di sacrificio, fame, miseria. Sport di poveri per poveri. Poveri ma bellissimi.

Adesso è proprio finita.

Ieri Sandrino, giacca, cravatta e stemmino degli Azzurri d'Italia, sbarbato, solenne, nella bara, all'ingresso di casa. Il suo spinone, Fara, sdraiaito sotto, inconsolabile. Domani, alle 15:30 (oggi per chi legge), nella chiesa di San Pietro a Cassano Spinola, il funerale. Sandrino, se potesse, pregherebbe il sacerdote di farla breve. Abituato a sguardi che valgono più delle parole.
Poi verrà sepolto nel cimitero di Cassano, dove ritroverà Costante Girardengo.

Sandrino, che destino: vita e morte accanto ai Campionissimi.

Marco Pastonesi "La Gazzetta dello Sport"

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