lunedì 14 gennaio 2013

Sandréin, La Saluto!

Ieri, 13 Gennaio, è mancato Andrea Carrea, l'ultimo degli Angeli di Coppi.
Si è spento nel sonno, improvvisamente. Alla fine anche lui, un omone che pareva invicibile, ha voluto raggiungere i compagni di lunghe battaglie, subito dopo l'amico Ettore Milano, mancato proprio pochi mesi fa.
Andrea, ma per tutti Sandrino, era nato il 14 agosto del 1924 a Gavi a pochi chilometri da Novi Ligure e Cassano Spinola, il paese dove ha vissuto per tutta la vita, una vita di fatica al servizio assoluto di Fausto, un gregario tenace e caparbio, perfetto per stancare l'avversario e dare strada al suo Capitano.
   Sì, il Suo capitano, perchè per Sandrino, Coppi era tutto... l'unico momento di gioia della sua carriera, la Maglia Gialla al Tour del '52, lo visse con senso di colpa, come se avesse derubato il suo capitano di qualcosa che era suo di diritto. 
   Sandrino era il mio preferito, da quando è nata la mia passione per il ciclismo Carrea è sempre stato il mio mito, non sò bene il perchè... forse proprio per l'umanità che il suo personaggio interpretava, forse per l'eleganza e la potenza che al contempo si mescolavano nella sua pedalata in un mix affascinante.
   Mi ricordo quando per la prima volta andai a trovarlo un paio di anni fa, a casa sua, una villetta lungo la Provinciale dove all'entrata capeggia una piastrella dipinta a mano con una bicicletta che sfreccia sotto la scritta Casa Carrea, era Luglio e quel giorno stavano trasmettendo in TV una tappa del Tour de France, suonai al campanello e mi venne incontro la moglie Anna, in molti mi avevano avvertito del carattere burbero di Carrea e anche lei non ci impiegò molto a sottolineare questo particolare, ma mi tranquillizzò subito, mi disse "..Tu parlagli di ciclismo e dagli ragione e vedi che ci entri in simpatia!" 
Così mi fece accomodare in cucina, Sandrino era coricato sul letto a guardare la tappa in Tv, la moglie Anna impiegò un bel pò per sradicare quell'omone dal suo giacilio... dalla camera da letto sentivo distintamente due voci, quella insistente di Anna che ripeteva "...sù alzati che ci sono ospiti! ...c'è un ragazzo appassionato di bici che ti vuol conoscere... dai che la corsa te la vedi dalla cucina!" e la voce di Carrea, roca e brontolona che imprecava in dialetto qualche frase di disappunto. Ero nel panico, avevo risvegliato un potenziale vulcano pronto a eruttare e ora mi avrebbe sicuramente preso in antipatia.
   Nel frattempo era pronto il caffè, mentre Anna mi serviva lo zucchero vedo apparire sulla soglia della cucina un'omone, era Sandrino già in tenuta da agricoltore, canottiera e pantaloni blu, pronto dopo la corsa a fiondarsi nell'orto, mi lancia un occhiata e mi saluta come si saluterebbe un Agente Equitalia, non dice altro e accende Rai 1, mancano ancora una ventina di minuti all'arrivo di tappa, e per tutti i venti minuti che seguirono Sandrino non proferì parola, se non qualche borbottìo polemico nei confronti dei due telecronisti. Io buttavo un occhio alla Tv e due su quell'omone con lo sguardo imbronciato, per me era un onore anche solo guardarlo. 
   Finita la corsa mi avverte che ha poco tempo e che deve andare nell'orto, mi guarda con la sua espressione severa e mi dà l'opportunità di fargli qualche domanda e di presentarmi a dovere, così parliamo di ciclismo del passato, gli chiedo di raccontarmi decine di aneddoti e curiosità sulla sua carriera e sui personaggi che aveva conosciuto, quando parlo io lui ascolta interessato, inclina la testa per ascoltare meglio e mi guarda di traverso con sguardo interrogativo, mi interrompe solo in due casi quando è assolutamente d'accordo o quando non è per nulla d'accordo... e per ogni situazione si scatena una divertentissima carrellata di espressioni buffe, quando vuole precisare delle cose o non gli va a genio quanto ho detto,  riparte col suo borbottare brontolone e mi squadra come se avessi bestemmiato, quando si trova in accordo con quello che dico sfodera un sorriso a 36 denti e una risata contagiosa, si volta dalla moglie e facendo l'occhiolino annuisce! ...Un mito! 
Anna aveva ragione - tu parlagli di ciclismo che vedrai che gli entri in simpatia!- quel giorno alla fine non andò nell'orto, restammo tutto il pomeriggio a chiacchierare. Quel giorno me lo ricorderò per sempre... 
Carrea era così, un omone dal viso burbero, che pareva allontanare da sè tutto e tutti, invece si faceva voler bene da molti e a suo modo ricambiava, anzi un suo sorrivo valeva doppio, perchè era un sorriso sincero, estorto a fatica.
   Quella fatica che ha caratterizzato tutta la sua carriera, dalla gavetta fino all'approdo nello squadrone della Siof di Cavanna, per poi mettersi in evidenza e passare professionista alla Bianchi, messo al servizio di Fausto Coppi. Erano altri tempi e altri uomini, quando la parola Gregario poteva significare tantissimo, perchè non vi è dubbio che il valore di Coppi si espresse al meglio solo perchè vi furono accanto Carrea e Milano, due personaggi, due atleti che sicuramente messi nelle condizioni giuste potevano aspirare ad una carriera ben più ricca di successi, ma ciò nonostante rimasero fedelissimi a Fausto. A chi chiedeva a Carrea il perchè non si fosse mai voluto prendere soddisfazioni personali lui sfoderava una risposta che consisteva in una frase fatta, che ora purtroppo non ricordo letteralmente, ma il senso era più o meno questo: Se noi a casa mangiavamo bene è per merito di Fausto- ma lo diceva con un tono talmente serio che pareva che quella domanda suonasse per lui come un offesa e tu capivi che in quella sua risposta c'erano decine di sfumature diverse, sfumature di vita reale, di tempi duri, di fame, di fedeltà, di valori, di umanità. Quando parlava di Fausto si commuoveva sempre.
   Quella visita fu la prima di una lunga serie, ma paradossalmente fu l'ultimo nostro incontro che mi rimase nel cuore tanto quanto il primo. Era la scorsa estate, un pomeriggio passando in auto nei pressi di casa sua lo vedo seduto in cortile all'ombra di un grosso albero, intendo ad armeggiare con degli attrezzi, così faccio inversione e decido di fermarmi e salutarlo. Accorre anche la gentilissima moglie Anna, e rimaniamo tutti e tre a parlottare al fresco delle fronde, gli davo del Lei a Carrea, un pò per rispetto verso il mito che era per me, un pò per timore reverenziale, mentre io gli racconto gli ultimi progressi sul restauro di una Bianchi da corsa lui continua a trafficare con quell'utensile, passano i minuti e io cerco di cogliere l'occasione per domandargli per l'ennesima volta se potevo dare un occhiata alla sua bicicletta. Tutte le volte precedenti ogni tentativo fu vano, Sandrino era geloso della sua bici, ogni volta che gli chiedevo se poteva vederla, mi raccontava sempre di quella volta che aveva appoggiato al muretto la sua bici e mentre lavorava in un campo gliela avevano portata via, ma dopo alcune settimane si trovava in macchina e ad un semaforo vide un tizio in sella alla sua bici -..era lontano, ma la mia bici è la Mia e la riconosco anche da lontano!- lo seguì e al semaforo successivo scese dalla macchina - l'ho preso per le orecchie quello lì... ho tirato giù i sedili della macchina e ho infilato la bici nel baule. 
Quel pomeriggio presi nuovamente coraggio, e dato che parlavamo di bici glielo domandai nuovamente, stavolta non poteva dirmi di no, non aveva la scusa del freddo o che il garage era buio, in mio aiuto accorse anche la moglie, che con un energica pacca sulla spalla lo convinse definitivamente a farmi vedere la bicicletta!
Quando la vidi rimasi di stucco, anche la sua bici rispecchiava fedelmente la sua umanità e la sua personalità, della gloriosa bici da corsa non rimaneva che il telaio grossolanamente modificato per trasformarla in bici da passeggio, anzi da lavoro, perchè da anni quello era il suo fedele mezzo di trasporto da casa ai campi. la vernice completamente sfogliata, i forcellini limati e privati dei denti per il Cambio Corsa, ruote, manubrio e guarnitura sostituiti da robusti componenti da passeggio.
Nonostante della bici originale non rimanesse un granchè, l'occasione fece da invito per raccontarmi tutto quello che si ricordava sulle bici che utilizzava, ero davvero felice.
Venne sera e dovetti salutarlo, gli dissi "Sandréin la Saluto... appena ho finito di restaurare la Bianchi vengo fino qui in bici e gliela faccio vedere!"  lui mi guardò da dietro al cancello, col suo sguardo imbronciato rispose nel suo solito modo, frettoloso e burbero "Va bene, Va bene... tutti i giorni, dopo le cinque, sono nell'orto a curare i pomodori, se vuoi vieni a quell'ora che prima dormo"




7 commenti:

Max ha detto...

grazie per aver condiviso quest'esperienza.

claudio alghisi ha detto...

che belle cose.
e che tristezza.

arrigo ha detto...

.. grande storia , grande personaggio , peccato la mancanza di un libro , una autobiografia di questo grande gregario, che tanto ha dato .

P.De Sade ha detto...

Quest'anno, alla Campionissima, abbiamo intenzione di dedicare la mostra a Carrea e Milano... speriamo di raccogliere un pò di materiale inedito da mettere in mostra e raccontare un pò della loro storia.

Anonimo ha detto...

paolo un racconto stupendo mi hai fatto emozionare.....hai messo in risalto un uomo che si è dedicato con felicità e orgoglio al suo capitano grazie

riberios

andox ha detto...

sembrano tutti uguali questi uomini, questi uomini che furono leggendari come i campioni con cui collaboravano, ma è solo conoscendoli e parlandoci che se ne capisce l'unicità e la straordinaria forza. una mostra, un libro, una foto, un racconto, certo aiutano, ma veder loro parlare gli occhi è un'esperienza che rimane unica e totalizzante. hai avuto il pregio di conoscere uno di quegli uomini, ed è molto importante.

Anonimo ha detto...

Che bella questa esperienza!