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venerdì 27 luglio 2012

Bartali 1950

Il mio fedele compagno di ciclostoriche Anselmo, ci invia questo meraviglioso servizio fotografico che ritrae un altrettanto spettacolare Bartali del 1950 di proprietà di un amico.
Questa bici è in mano ancora al primo proprietario da oltre sessant'anni, da quel lontano 1950, anno in cui l'acquistò presso i Fratelli Santamaria di Novi Ligure, ovvero i produttori delle biciclette omonime del Ginettaccio.
In tutti questi anni la bicicletta è stata consevata come una reliquia, con devozione e passione è stata mantenuta inalterata come nuova di fabbrica, un conservato incredibile, perfetta testimonianza storica sia per gli appassionati sia per chi desidera restaurare un modello analogo.
La bici riporta tutte le componenti originali e come possiamo vedere gran parte di essi sono marcati Bartali, addirittura i freni prodotti dalla Balilla di Torino. In bella mostra vediamo il mitico cambio Cervino, tanto odiato ai tempi dai corridori per la scarsa affidabilità, quanto amato dai collezionisti al giorno d'oggi proprio per il legame iconografico con l'epopea post bellica di Gino Bartali, in questo caso il Cervino è stato abbinato ad un deragliatore manuale Simplex che agisce su una doppia corona della medesima marca francese.
L'amore del proprietario per questa bicicletta, per Bartali e per il ciclismo in generale è evidente, oltre alla conservazione maniacale della bicicletta ha conservato l'intero corredo da ciclista dell'epoca, in queste foto si vedono: il cavalletto in legno costruito artigianalmente ai tempi per sostenere la bici salvaguardando i preziosi tubolari, la maglia Bartali Ursus in lanetta, una cartolina pubblicitaria della Santamaria di Novi L. che ritrae il campione di Ponte a Ema e addirittura le istruzioni originali del cambio Cervino.
Un sentito grazie a questo vecchio ciclista eroico che con amore ha saputo tramandare una importante testimonianza del suo tempo, un grazie anche all'amico Anselmo che ci ha fornito le foto mettendole a disposizione di tutti gli amici appassionati !















giovedì 5 luglio 2012

Le prime bici di Coppi

Alcuni giorni fà grazie all'amico di pedalate e compaesano Anselmo sono venuto in possesso di un piccolo libricino scritto dal novese Pier Eligio Bertoli, stampato a Novi alcuni anni fà e che celebra i novesi e la loro cittadina, raccontandone la storia, le origini e le curiosità sui personaggi illustri.
Tra le sue pagine c'è un parafrago che parla di Coppi e delle sue prime bici... una piccola curiosità che ben pochi conosceranno e che sicuramente farà piacere a tutti i fan del Campionissimo, da novese mi fà molto piacere riportarvi pari pari qui di seguito questo prezioso aneddoto:

"Molti hanno scritto di Fausto Coppi. I maggiori giornalisti sportivi e non sportivi. ]....[  Si potrebbe concludere che tutto sia già stato scritto. Ma a Novi, e forse solo a Novi, siamo ancora in grado di dare qualche particolare inedito, interessante.
   Un argomento non completamente chiarito verte sulle prime biciclette del corridore. La memoria novese può aggiungere qualcosa.
    Sembra sicuro che il primo mezzo che Coppi ebbe modo di cavalcare fosse un'Aquila da passeggio di proprietà di uno zio.
    E' probabile che con questa bicicletta facesse per i primi tempi il percorso Novi-Castellania e ritorno, quando lavorava presso il salumiere Merlano. Gli fu poi acquistata una Maino da corsa color grigio-perla presso il ben conosciuto ciclista Bovone di Novi. Uno zio comandante di marina gli aveva dato 400 Lire ed il padre ne aggiunse 120 (*1).
Partecipò alla prima corsa, la Coppa Demicheli a Novi per Allievi nel 1933 nonostante avesse solo 14 anni (il limite era 15). Mario Ferretti, "il Sire", padre del radiocronista (*2), ottenne una deroga.
   Due anni dopo, nel 1935, sempre a Novi, partecipò ad una gara sponsorizzata da Santamaria (*3), valevole per il Campionato Novese Aspiranti ed Allievi. La prima vittoria, anche se piccola, fu nel 1937 in un circuito di 70km sulle strade attorno a Castellania. Nello stesso anno prese parte alla eliminazione novese del Campionato dell'Industria vinta da Isidoro Bergaglio (*4) .
   Nella seconda metà del 1938 passò Dilettante nella squadra del Dopolavoro Aziendale Montecatini di Spinetta Marengo ed il padre gli acquistò per 600 lire una bicicletta Prina (*5), fabbricata ad Asti. Ottenne a Castelletto d'Orba, in luglio, la sua prima vera vittoria per distacco; la seconda ad Alessandria nel Trofeo Gigi Agosta, battendo in volata il torinese Antonio Covolo (*6).
    Nel 1939 entrò nella Categoria Indipendenti e vinse, verosimilmente con la Prina, il Giro del Penice, la Coppa Canepa, il Circuito di Susa, il Giro del Casentino, il Premio di Varese e la sua prima gara ad inseguimento individuale in pista. Fra le gare a livello nazionale disertò la Milano-Torino (1° Favalli, 8° Bailo), la Milano-San Remo (1° Bartali in volata su Bini, Bailo e Chiappini), la Milano-Modena a cronometro (1° Cimatti).
    Prese parte al Giro organizzato dal Dopolavoro di Novi, forse guidato da Santamaria, con Di Paco, Zuccotti, Mazzarello, Moretti, Bisio.
     Il Giro di Toscana del 9 aprile fu la sua prima corsa importante e purtroppo sfortunata. Cavanna gli aveva raccomandato di stare alla ruota di Bartali, ma rimase confuso nel gruppo sino a che fu coinvolto in una caduta rompendo una ruota. Corse minori vinte furono ancora il Circuito di Varzi del 7 maggio e la Coppa Città di Pavia del 28 maggio.
     Ma la vera corsa che lo mise in evidenza e gli diede la possibilità di entrare nella squadra della Legnano fu il Giro del Piemonte: 4 giugno. Presentandosi ancora come Indipendente si classificò terzo dietro a Bartali e Del Gancia, mettendosi in evidenza sulle salite del Moriondo e della Rezza.
    Con quale bicicletta Coppi corse il Giro del Piemonte? Probabilmente la vecchia Prina doveva essere sostituita.
     Il fratello Livio, lo zio Comandante, Biagio Cavanna sono scomparsi. Marina Coppi, il cugino Vittorio e la quasi totalità di quelli che gli sono stati vicini non ricordano. Qualcosa però è emerso fra le memorie della Novi ciclistica. Ho parlato con alcuni ex corridori che, anche se non contemporanei di Fausto, gli sono stati accanto in diverse occasioni. Fra questi Mario Campi di Pasturana, classe 1929, che fu Dilettante con Milano, Carrea, Massocco, Parodi, Pettinati, Giacchero ed altri.
     Sembra praticamente sicuro che ad organizzare la partecipazione di Coppi al Giro del Piemonte sia stato il popolare Giuseppe Pierino Santamaria ed i meccanici novesi fratelli Morchio. Il tutto con l'avallo decisivo di Biagio Cavanna.
    Il novese Pierino Santamaria probabilmente intravedendo le doti del ragazzo, pensava di metterlo in futuro nella sua squadra, ma con il Giro del Piemonte Coppi esplose e divenne motivo di contesa fra Girardengo e Pavesi della Legnano che riuscì a spuntarla anche grazie al parere di Cavanna. In seguito Santamaria organizzò una sua equipe che fu presente per diversi anni nel panorama ciclistico italiano.
   I fratelli Morchio erano: Domenico -Menegùlu, Gùlu- (1903-1992) 3 Guglielmo -Mému- (1912-1992). Nati alla Cascina Gratone (oggi San Lorenzo), vicino alla cascina Bergamasca, facente parte della Tenuta Raggio.
  Rilevarono il negozio da "ciclista" che Santamaria (1907-1987), con il fratello Mario (1914-1973), aveva all'inizio di via Ovada a Novi. Santamaria si era spostato in via Raggio ove aveva organizzato una fabbrica per produrre biciclette.
   I tre assemblarono il mezzo sulle caratteristiche fisiche del futuro campione. Santamaria fornì i cosiddetti "tubi", ma furono soprattutto i Morchio ad allestire la bicicletta: il Mémù come saldatore ed il Gùlu nel non facile compito di centrare mozzi, raggi, ruote, ben avendo presente che i loro avversari erano i tecnici della Legnano, della Frejus, ecc.
   I risultati diedero ragione soprattutto a Fausto, ma anche Santamaria ed i Morchio ne uscirono benissimo.
Mario Campi aggiunge una importantissima testimonianza. Mi riferisce che suo fratello Tino, classe 1925, prematuramente scomparso, faceva l'apprendista presso i Morchio. Sempre gli disse che la bicicletta di Coppi per il Giro del Piemonte fu costruita in quella officina con materiale fornito da Santamaria. Mario mi dice anche di aver partecipato nel settembre del '49 ad una battuta di caccia in una riserva con Fausto e Serse Coppi. Venne il discorso sul Giro del Piemonte del 1939 e sulla bicicletta preparata in via Ovada, e Fausto, che non amava troppo parlare, disse pensoso "allora erano davvero altri tempi".
   Successivamente Mémo Morchio entrò in Ferrovia sino a diventare Capostazione, mentre il Gùlu restò per sempre nel suo negozio da ciclista.
   La sua officina divenne punto di ritrovo di tutti coloro i corridori della zona, sia di quelli affermati che di quelli alle prime armi. Era generoso nel mettere a disposizione la sua esperienza; era appassionato di ciclismo ed era tutt'altro che esoso. Non aveva figli e tutti quei ragazzi gli riempivano la vita.
   Il Gùlu si complimentava con chi aveva fatto una bella corsa e consolava gli sconfitti, promettendo che con qualche modifica tecnica la volta successiva sarebbe andata meglio.
    Fausto Coppi gli rimase sempre affezionato. Alla Bianchi disponeva del famoso Pinella De Grandi (detto Pinza d'Oro), ma il Campione, se si trovava nelle vicinanze di Novi, non perdeva l'occasione di farsi dare un'occhiata alla bicicletta dal Gùlu che, diceva, sapesse dare l'ultimo tocco come nessun altro in Italia.
    Quando passava la Milano-San Remo il Gùlu si metteva seduto sulla porta del suo negozio per attendere l'immancabile saluto di Fausto.
    Giordano Urbano Esperti (*7), mi diceva che quando Coppi ed i suoi gregari erano in allenamento a Novi facessero capolino nel negozio di via Ovada e dopo aver gridato "Gùluuuuu..!!!" ripartissero veloci con fare scherzoso. Giordano diceva, non rinunciando alla battuta novese, che quando il Gùlu usciva sulla strada "Quéli i éernu sà daa Catagnéta!" (*8)

Aggiungo alcune note di approfondimento:
*1- questa informazione è attendibile, nello stesso anno, marchi rivali come la Bianchi vendevano le proprie bici da corsa con prezzi mediamente attorno ai 500/550 Lire. La Maino in questione è probabilmente un modello Campionissimo.
*2- Mario Ferretti sr è il padre del celebre radiocronista novese Mario Ferretti jr, famoso per la celebre frase: "un uomo solo al comando..."
*3- Giuseppe Santamaria, famoso costruttore di bici novese, nel dopoguerra strinse una collaborazione con Bartali per costruire le biciclette col marchio del ciclista toscano.
*4- Isidoro Bergaglio, corridore professionista novese, nativo di Tassarolo a pochi km da Novi, molto noto ai tempi e molto apprezzato dai Campionissimi locali come confidente. Persona saggia, ascoltata anche dal mitico Biagio Cavanna. Bergaglio è anche lo zio di Anselmo, l'amico di ciclostoriche che mi ha fatto scoprire questo libretto!
*5- Anche questa notizia è fondata, nel 1937 la Maino, un marchio rivale alla Prina, vendeva le proprie bici mediamente tra le 600 e le 620 Lire.
*6- Antonio Covolo, dopo una discreta carriera ciclistica aprì un celebre negozio di bici vicino a Torino, avviando anche una piccola produzione di bici col suo marchio.
*7- G.U. Esperti, novese purissimo, è stato uno dei pochi amici veri di Fausto Coppi.
*8- traduzione: "Quelli sono già alla Catanietta!"; la Catanietta è una località a circa 2km da Novi in direzione Ovada.

Isidoro Bergaglio assieme a Fausto Coppi
Biagio Biòsu Cavanna, detto il Mago di Novi o L'orbo veggente
Domenico "Memu" Morchio


Giuseppe Pierino Santamaria

Guglielmo Gulu Morchio

 

lunedì 12 settembre 2011

Bartali-Santamaria 1949-1950

Fabio da Casale M.to ci mostra la Bartali appartenuta alla sua famiglia, che da anni riposa in cantina.

Ora preso dalla passione eroica ha deciso di rimettere mano a questa bicicletta prodotta tra il 1949 ed il 1950 dai fratelli Santamaria di Novi Ligure.

La bicicletta nel complesso è completa di ogni accessorio dell'epoca, tranne il cambio che nel tempo è andato perduto, conoscendo la tipologia di bicicletta e il tipo di forcellino con ogni probabilità montava un rarissimo cambio Cervino.

La ricerca di questo cambio sarà senz'altro uno degli ostacoli maggiori nel ripristino di questa bici, come è noto il Cervino è un cambio assai raro da reperire, prima di tutto fù prodotto per pochissimi anni in quanto da lì a poco (1951) vide la luce il precisissimo Campagnolo Gran Sport, inoltre l'inefficacia e la anzianità progettuale del cambio Cervino (che deriva direttamente dal progetto del francese Super Champion degli anni 30) non ne consentirono una larga diffusione.

Sorge un dubbio sull'originalità dei cerchi per copertoncino, dato il periodo di questa bici e data la tipologia di bici doveva montare come da catalogo i cerchi per tubolare.

IL telaio è stato riverniciato, senz'altro sotto il nuovo strato ci sarà il colore originale (come si evince dagli spazi rimasti scoperti dalla maldestra verniciatura fatta in passato, ora la palla passa alla pazienza e all'amore di Fabio, che dovrà riuscire a preservare per quanto possibile l'originale verniciatura sottostante.

martedì 6 aprile 2010

Bartali Santamaria 1950

Era il 1949 e la nutrita schiera di tifosi del Ginettaccio si divise in due fazioni: chi fù contento nell'apprendere che Bartali si era messo in proprio con la sua squadra personale e chi per tutta la futura carriera del toscano gli recrminò il fatto di aver buttato al vento l'appoggio tecnico di una potenza come la Legnano.
Ma la storia volle che Gino in accordo con i F.lli Santamaria di Novi Ligure si mise in testa di produrre biciclette col proprio nome, e che per sponsorizzare l'avventura imprenditoriale doveva assolutamente fondare una squadra che corresse col proprio nome e con le proprie biciclette.
Erano gli inizi degli anni 50, Bartali era già avanti con l'età, Coppi era nettamente più giovane e scalpitante inoltre la Bianchi gli poteva garantire i migliori strumenti per conquistare la vittoria, la Checca, l'ammiraglia della Bianchi scortava Fausto e i suoi formidabili gregari erano il simbolo del ciclismo moderno... Bartali, invece, con i Santamaria dovette accontentarsi di una squadra più modesta e una gestione vecchio stampo, ultimi barlumi di ciclismo eroico e sincero, un caso fra tutti fu la scelta, pazza, di adottare il cambio Cervino prodotto dai Nieddu di Torino, un cambio macchinoso e sorpassato che nella sostanza riprendeva il vecchio Super Champion, Coppi invece aveva a disposizione il meglio sulla piazza il Simplex Tour de France, il primo cambio moderno a doppia puleggia, preciso e veloce.
Ciò nonostante Gino, dette filo da torcere a Coppi e alla sua Bianchi... in molte occasioni... dalla polvere spuntava il suo nasone a tagliare il traguardo, anche in manifestazioni importanti.. questo era Gino!
Per celebrare questo momento eroico, l'amico Renato ci presenta la sua Bartali, prodotta appunto dalle officine Santamaria in quel di Novi Ligure nel lontano 1950.
Un esemplare totalemente restaurato con la grande passione di chi è collezionista ma anche macinatore di kilometri all'anno in sella alle sue bici...



venerdì 7 agosto 2009

Il Ventennio

Allora.. di storie sui numeri romani incisi sulle biciclette ne ho sentite tante... e francamente non sò quale sia la più veritiera... fatto sta che col tempo e nel maneggiare telai di tutte le epoche ho notato che incisioni simil numeri romani fatte a lima se ne trovano sempre!
Alcuni mi dissero che si trattava di una procedura per distinguere i pezzi sulla linea di assemblaggio... altri ancora mi dicono che i vecchi negozianti usasserò incidere questi numeri per identificare una bicicletta durante la "rimessa a nuovo".
Altri mi dicono che c'entrava il Regime, le Ere fasciste... e per questa versione, debbo dire che alcuni riscontri li ho avuti... sarà puro caso?
Effettivamente i segni che piu di altri sembrano inequivocabilmente numeri romani sono maggiormente riscontrabili su bici degli anni 20/30/40... iniziai, quindi, a prendere nota di ogni numero rilevato abbinandolo all'anno esatto della bici.
Le "ere fasciste", indicavano l'anno a seguito della marcia su Roma, quindi le Ere sono inquadrabili a partire dal 1922 fino al 1943... erano divenute d'obbligo a partire dal 1926, da apporre a fianco la classica data del calendario su ogni documento. Dunque il numero I corrisponderebbe, quindi, alla prima era fascista e quindi al 1922.
In effetti, con il mio bel registrino tutto tornava... molti segni ritrovati sul telaio decodificati con le ere fasciste collimavano spesso con l'anno esatto o presunto della bici. 
Ora tutto si spiegava... e  la congettura reggeva pure: un regime attento e pignolo su certe pratiche poteva tranquillamente rendere obbligo l'apporre l'era fascista anche sul telaio di una bicicletta, così come veniva marcato l'anno solare di fabbricazione doveva esserci anche l'era fascista. 
Però i primi dubbi arrivarono di fronte al fatto che il numero romano (o qualunque simbolo sia) non è riscontrabile su tutte le bici, ma solo in alcuni casi... e se la procedura era così ufficiale perchè marcarlo con un grossolano colpo di lima, sarebbe stato piu opportuno praticare l'incisione con un punzone ad hoc!
Inoltre come avevo in precedenza accennato, segni che verosimilmente possono ricondurre a pseudo numeri romani si trovano con discreta facilità anche su bici del dopoguerra.
Non sapremo mai se questa simbologia c'entri con una fantomatica pratica dittatoriale, forse, come spesso accade la soluzione è più facile di quel che sembri... e allora è decisamente più attendibile la versione per cui si trattino di simboli adoperati in fase di lavorazione presso gli stabilimenti.
Ovviamente chiunque possa portare il proprio contributo a questa ricerca è graditissimo!