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mercoledì 5 dicembre 2012

Bartali by Galmozzi - San Pellegrino

Dopo un lungo ed impegnativo restauro ecco questa splendida bicicletta dal passato professionistico.
Si tratta di una bici Bartali in dotazione alla squadra San Pellegrino del 1961, con telaio realizzato dal telaista milanese Galmozzi .
Interessante il legame che unisce Bartali, la San Pellegrino e Galmozzi, una legame storico che ha generato questa bicicletta: la squadra San Pellegrino utilizzava biciclette Bartali perchè già a partire dal 1957 Gino Bartali venne scelto come Direttore Sportivo della società lombarda, al tempo le biciclette Bartali venivano prodotte da una mediocre fabbrica di bici in Liguria, la collaborazione commerciale fra Gino e la Santamaria di Novi L. era terminata ormai da un paio d'anni, così per equipaggiare degnamente i ciclisti della San Pellegrino, Gino decise di commissionare la realizzazione dei telai al suo vecchio amico Francesco Galmozzi.  Le biciclette dovevano essere graficamente delle Bartali al 100%, ma le prestazioni del telaio dovevano essere di prima categoria, come solo Galmozzi e pochi altri sapevano fare! 
Il legame fra Bartali e Galmozzi era di vecchia data, già prima della guerra, quando Gino correva per la Legnano, si faceva realizzare i telai da pista dal Galmozzi, che allora non era ancora un telaista di fama internazionale. Un paio di esempi di bici da pista realizzate da Galmozzi per conto di Bartali se ne trovano anche ne dopoguerra, sintomo che il rapporto fù duraturo nel tempo, fino ad arrivare appunto agli anni 60.
Questa bicicletta riporta un numero seriale molto semplice, 6113, riportato anche sul tubo della forcella, è un numero che si potrebbe facilmente interpretare come 13° telaio del 1961 (61 - 13), non sapendo a quanto ammontasse la dotazione annua standard di telai per la San Pellegrino, vi è un dato oggettivo, ovvero i tredici componenti della squadra nel 1961.
Il telaio misura 54 c-c, ed è così assemblato: gruppo Record -composto da Cambio Gran Sport, Deragliatore Record, Guarniura Record 51-45, mozzi flangia alta Record, reggisella Record alluminio, pedali Record, serie sterzo Record- freni Universal mod.61, manubrio Ambrosio Champion, pipa Cinelli in acciaio, sella Brooks b17, pompa Silca.
La bici, sella a parte, è praticamente completa ed originale, il restauro è stato decisamente impegnativo per via della vernice bianca con cui è stato barbaramente verniciato il telaio successivamente... rimuovendo una parte di vernice posticcia si vedeva chiaramente la buona conservazione della livrea originale, così nonostante la difficoltà ho deciso di intervenire nel tentativo di eseguire un restauro conservativo. Quindi armato di tanta pazienza e attenzione, lavorando con veloci pose di sverniciatore chimico ho eliminato strato per strato la vernice posticcia cercando di non intaccare la vernice originale. Giorno dopo giorno la vernice arancione appariva sempre più e alla fine il risultato è decisamente confortante!
Purtroppo non sono riuscito a scoprire il ciclista che utilizzava questa bicicletta, ma come faccio sempre, quando mi capita una bici di un ex-professionista, cerco di ricostruirne la storia, cercando di interpellare e conoscere i vecchi componenti della Squadra, mi sono quindi imbattuto in Giuseppe Fezzardi, il quale molto gentilmente si è intrattenuto per diversi minuti a parlare del tempo in cui correva per la San Pellegrino, e per quanto ricordasse ha parzialmente confermato quanto ho raccolto sulla storia di questa bici, in merito alla appartenenza della bici, escluso che fosse lui in quanto di telaio portava il 56, ricorda che il "piccoletto" della compagine era tal Ernesto Bono, e con grande probabilità questa bici potrebbe essere appartenuta a lui.

TUTTE LE FOTO DELLA BICI:











Ernesto Bono in divisa San Pellegrino al fianco del DS Gino Bartali in una cartolina dell'epoca

Particolare della forcella, in cui si nota il n° di telaio stampato

Particolare della bici prima del restauro, ancora imbrattata di vernice bianca

martedì 29 novembre 2011

Cicli Mosè 1951

Ci ricolleghiamo al post precendente per mostrare il meraviglioso conservato di Giorgio, mantenuto con cura meticolosa da oltre 50 anni! Grazie anche ad uno spesso strato di vaselina, come ci ricorda Giorgio.
La bici come detto in precedenza è stata realizzata su misura nel 1951 -misura telaio 59 centro-centro- e aggiornata fino al 1959 con i migliori ricambi, il top dell'epoca.
Come ad esempio la guarnitura TA in duralluminio abbinata a pedivelle con attacco quadro Stronglight... Giorgio la vide per la prima volta sulla bici con cui Coppi corse il Tour del 1952 (la bici venne esposta per un breve periodo nelle vetrine della Bianchi) e ne rimase folgorato, a tal punto che nel 1953 prese il treno alla volta di Parigi solo ed esclusivamente per acquistare quella determinata guarnitura introvabile in Italia, ai tempi si può dire che Giorgio fù uno dei primi a montare una guarnitura di questo prestigio in Italia.
Il gruppo cambio è un Campagnolo Gran Sport con leve di comando al manubrio.
I mozzi sono a flangia larga realizzati dalla Campagnolo, i cerchi alleggeriti a profilo stretto Pista realizzati dalla Fiamme brev. Longhi.
Catena Brampton alleggerita e ruota libera Regina Extra Gran Sport Corse a 5 velocità.
Manubrio e pipa (da 10cm) in duralluminio Ambrosio Champion.
Freni Universal Extra mod 51 a sgancio rapido.
Movimento centrale e serie sterzo BS Bollea Saluzzo, i migliori dell'epoca preferibili anche ai Magistroni.
Pedali in alluminio FOM (Fonderie Officine Maritano)
Pompa Silca Impero marcata Mosè.

Nel tempo solo la mitica Brooks B17F (piu genericamente detta Brooks Professional) non ha retto lo scorrere del tempo e l'inattività, infatti il cuoio si è spezzato, per il momento monta una sella anni 60 in plastica.

Giorgio e la sua Mosè

Giorgio, l'incontro con lui è stato uno dei più istruttivi ed entusiasmanti!
Ho conosciuto ben poche persone che ricordino nel dettaglio e con tanta precisione l'evoluzione delle componentistica delle bici da corsa degli anni 50. A dimostrazione dell'amore e della passione di Giorgio per la "sua" epoca ciclistica rimane una meravigliosa testimonianza, la sua ultima e definitiva bicicletta, una Cicli Mosè del 1951 che Giorgio fino ad oggi ha conservato con cura maniacale, un piccolo santuario di ricordi dove perfino il nastro manubrio ed i tubolari sono gli originali e sembrano esser stati adoperati fino al mese scorso, accanto a questa meravigliosa bicicletta trova spazio una vecchia cassetta di legno in cui riposano ancora tutti i ricambi adatti a riparare la bici: mozzi, pipe, deragliatori, catene, guarniture che dopo oltre 50 anni sono ancora in perfette condizioni pronti ad essere d'aiuto in nuove avventure ciclistiche.

Giorgio classe 1936, di Milano iniziò a correre a cavallo tra gli anni 40 ed i 50, con una Legnano Roma dotata di Parigi-Roubaix, ma non appena Campagnolo lanciò la novità Gran Sport si fiondò dal Galmozzi in via Mechiorre Gioia 64 per farsi saldare il magico occhiello sul forcellino per reggere quella luccicante novità a doppia puleggia... l'ossessione per la bici ed il progresso tecnologico portava Giorgio a completare sistematicamente la propria bicicletta con tutte le ultime novità che facevano capolino dalla vetrina del Mosè in via Petrella 4.
Era il 1951 quando entrò ancora in quella rinomata bottega milanese per farsi realizzare la sua prima (e ultima) bici su misura. Il telaio fù fatto realizzare da Galmozzi e opportunamente marcato con il loghi ed i colori della Cicli Mosè, telaio bianco con sterzo verdone. Da quel giorno oltre 50.000 chilometri tra corse, allenamenti e cicloturismo attesero il giovane Giorgio che a testimonianza ci manda questi bellissimi scatti d'epoca che lo ritraggono in sella alla sua Mosè!

martedì 8 novembre 2011

Galmozzi 1948

Gli amici Luca e Franco ci mandano le foto del loro ultimo lavoro, una stupenda Galmozzi del 1948.
Frutto della maestria del telaista milanese, ai tempi attivo in via Melchiorre Gioia, questo esemplare si distingue per il raro forcellino predisposto per cambio Simplex.
Dunque per il restauro è stato scelto l'intero gruppo Simplex, partendo dal cambio a doppia puleggia Tour de France in combinazione con un deragliatore manuale che agisce su doppia moltiplica montata su pedivelle Magistroni, sempre della francese Simplex i mozzi a sgancio rapido.
Per il manubrio è stato scelto un prestigioso Cinelli in acciaio con relativa pipa.
Chicca finale: una Brooks con rivetti marcati Galmozzi !

lunedì 19 aprile 2010

Galmozzi 1951

Renato, ancora lui, grande appassionato ed esperto, ci mostra l'ennesimo capolavoro telaistico della sua collezione. Una Galmozzi del 1951.
Un pezzo assai raro perchè assemblata con forcellini Campagnolo idonei sia per il Parigi-Roubaix (mono leva) che per il Gran Sport.
"Questa bici - racconta Renato - era a disposizione della piccola squadra del mio paese, veniva usata dai ragazzi che ne erano sprovvisti e che volevano cimentarsi nelle prime gare, ovviamente oltre ha essere stati cambiati praticamente tutti i pezzi era stata anche più volte rivernicita.
Finita questa parentesi corsaiola non volendola buttare finì sul mio solaio per poter eventualmente utilizzarla durante la stagione invernale. Qualche anno fa scattata la passione per le biciclette storiche mi ricordai anche che originariamente era marcata "Cremaglia" e montava il deragliatore centrale Simplex. Iniziavo la fase del restauro, cominciando a sverniciare personalmente il telaio e sorpresa appariva incisa sul tubo di sterzo la scritta "Galmozzi Super Competizione" confermandomi il fatto che fosse una Galmozzi, cosa già intuita, per via delle tipiche congiunzioni e sopratutto dai foderi della forcella.
In seguito intenditori milanesi mi confermarono il fatto che Galmozzi forniva i propri telai anche per altre ditte (tra cui Cremaglia, artigiano della mia zona)."

venerdì 5 marzo 2010

Galmozzi e i telaisti meneghini

Introduco questo post citando le parole tratte dal sito degli amici dell'AVER:
"Una volta se correvi in bici e avevi qualche ambizione mettevi da parte i soldi e prima o poi andavi a farti fare una bicicletta come si deve da un artigiano che aveva fama di eccellenza. A Milano i nomi erano i soliti: Cinelli, Galmozzi, Masi, Pogliaghi. Era un po' come andare dal sarto: il telaista ti misurava, poi sceglieva la stoffa, i tubi, e il taglio, vale a dire lunghezze, altezze e inclinazioni, in funzione dalla specialità, strada o pista, inseguimento o velocità, e confezionava un telaio che ti cadesse a pennello proprio come un abito ben fatto.
Il telaista lavora peró il metallo e non il tessuto e i suoi strumenti di lavoro sono simili a quelli del fabbro: morsa, lima, martello, cannello per saldare, insieme a qualche prezioso e insostituibile utensile autocostruito. Ci vogliono poi buone mani, passione ed esperienza. Oggi tanto i vestiti quanto le biciclette si comprano nei grandi magazzini, di sarti non ce ne sono quasi più, e nemmeno di telaisti. Se andate in cerca di qualcuna delle vecchie botteghe milanesi molto probabilmente ci trovate un bar alla moda dove un bicchiere di rosso vi costa come un pranzo in trattoria ma non sanno nemmeno dirvi che vino è..."

Queste parole rappresentano perfettamente ciò che è stato il panorama dei tealisti milanesi.
Galmozzi fà parte di questa piccolo gotha di telaisti, la cui cultura sartoriale è da tempo finita nel dimenticatoio... purtroppo.
Galmozzi aveva la sua piccola bottega, con pochi operai in via Melchiorre Gioia, a Milano. Produceva anche telai marcati con il proprio nome, ma gran parte della produzione finiva a terzi, la sua clientela era svariata: cicloamatori, dilettanti, professionisti, negozi di bici e squadre ciclistiche...
Fece esperienza nella Gloria di Alfredo Focesi (anzi pare fosse uno dei primi soci fondatori del marchio milanese), dove lasciò la sua impronta nelle raffinatissime biciclette Garibaldina, con le loro congiunzioni a giglio.
Come tutti i celebri telaisti milanesi, anche Galmozzi attira collezionisti da tutto il mondo, soprattutto dagli Stati Uniti e Giappone, dove il buon made in italy è preso davvero sul serio.
Tra i telaisti milanesi di fama, Galmozzi fu forse il più prolifico, forse proprio per la bontà dei suoi telai.
Tipo semplice, ma dotato di forte spirito ed ironia il vecchio Francesco Galmozzi, giocò con il suo cognome creando il logo del suo marchio, piazzando un galletto appollaiato ad un mozzo!
Parlavano prima di un grande interesse dall'estero per Galmozzi, infatti questi due esemplari ce li presenta una caro amico americano, un vero intenditore di ciclismo... dato che l'amico Rory è manager del Team Cannondale-Liquigas.
Questi due esemplari oltre ad essere dei capolavori sono pure delle vere rarità, in particolar modo il secondo esemplare, quello tinto di celeste, un esemplare della fine degli anni 40 attualmente in fase di restauro.