lunedì 22 luglio 2013

Secondo Barisone

Già di per se è un gran bel vantaggio abitare a Novi Ligure, crocevia di gran parte dei tempi d'oro del ciclismo italiano, ancora più di lusso se tra i tuoi più cari amici c'è Serena, la nipote di Secondo Barisone. Quindi è ghiotta per me l'occasione per dedicare questo articolo ad una delle figure più rappresentative del ciclismo del dopoguerra, il ciclismo della rinascita che trainò un Italia deturpata lontano dai tempi cupi della guerra, tal Secondo Barisone, che a dispetto del nome di battesimo...andava forte e parecchio, una classe e un talento esploso così in fretta da appassire con altrettanto tempismo.
Secondo Barisone nasce a Pozzolo Formigaro in provincia di Alessandria il 29 marzo del 1925, già a quindici anni, nel 1940, stacca la sua prima licenza da Allievo, entra nel giro di Biagio Cavanna, il masseùr dei Campioni, già scopritore di Coppi, che ai tempi seguiva lo squadra dilettantistica SIOF.
Nel 1945 la Siof nonostante fosse una società di dilettanti assume i connotati di uno squadrone, ne avevo già parlato in un vecchio articolo, annoverando fra le sue fila futuri professionisti di spicco tra i quali i celebri gregari coppiani Ettore Milano e Andrea Carrea. Ma un Barisone ancora diciannovenne si mette subito in luce vincendo a sorpresa il Giro del Piemonte del 1945! In fondo a questo articolo troverete un bellissimo stralcio di articolo del celebre vignettista di Tuttosport Carlo Carlin Bergoglio che parla proprio della vittoria a sorpresa di Barisone al Giro del Piemonte del '45.
Sempre nello stesso anno è terzo alla Coppa Bernocchi, i giornali ne parlano, gli appassionati si domandano chi fosse costui e le squadre professionistiche iniziano a sondare il terreno, la spunta la Bianchi che lo ingaggia subito per la stagione 1946. Così il giovanissimo Secondo Barisone fù il primo dello squadrone Siof a passare professionista, con un Cavanna che già si sfregava le mani al sol pensiero di aver centrato per l'ennesima volta il bersaglio piazzando un proprio allievo nel firmamento del ciclismo che conta.
Più in basso si vede la foto di gruppo della squadra Siof, con al centro un Barisone che sfoggia la maglia Bianchi.
Con lo squadrone Bianchi ci si attende l'esplosione definitiva di questo talento, ma il passaggio al professionismo non dà i frutti sperati, nonostante un ottimo 19° posto al Giro d'Italia del 1946, le prestazioni generali sono incolore, il talento cristallino di Barisone era direttamente proporzionale ad un carattere particolare, ribelle e poco incline al rispetto delle regole e delle gerarchie, sapeva di andare forte, spesso più forte di chi sfoggiava un cognome roboante come Coppi, insopportabile per uno spirito libero dover assecondare i normali ordini di scuderia... entrò in rotta con la dirigenza e dovette lasciare la Bianchi in un destino che ricorda per certi aspetti le gesta che vedranno pochi anni dopo Loretto Petrucci.
Si accasò alla Welter nel 1947, raggiungendo i conterranei Osvaldo Bailo e Malabrocca, agli ordini di Giulio Bresci capitano, ma tutto si conclude in un 33° posto alla Milano-Sanremo e un 47° al Giro.  Nel 1948 passa alla torinese Edelweiss assieme a Luigi maglia nera Malabrocca dove correrà per due stagioni, ma con risultati deludenti.
Nel 1950 dopo una brevissima carriera che pare già destinata a concludersi la scelta di partire per l'Argentina nel tentativo di iniziare una nuova vita, non solo sportiva. In Argentina il ciclismo è apprezzatissimo e molti ciclisti di fama compiono sporadiche tournèe in Sud America partecipando a manifestazioni locali profumatamente retribuite.
In Argentina corre da Indipendente, e inaspettatamente conquista la Coppa Peròn, la corsa ciclistica più importante del paese, ricevendo il premio direttamente dalle mani del comandante Peròn.
Nel 1951 fà una breve apparizione nel panorama ciclistico francese correndo per un pò per la General-Cycles e vincendo una corsa in Costa Azzurra.
La carriera di Barisone termina praticamente qui, iniziata sotto la buona stella pochissimi anni prima e con un fulgido futuro davanti, tutto si spense inaspettatamente in fretta... come abbiamo già visto in molti altri casi, il talento spesso non è sufficente a reggere una carriera importante, Coppi era un esempio in questo, forse non fù il più forte e nemmeno il più veloce, ma nessuno come lui sapeva unire un talento innato con testa e sacrificio d'atleta, ma il ciclismo è bello anche per questo... la storia stessa del ciclismo è fatta di tanti Secondo Barisone che con i loro exploit hanno saputo rendere dinamico e avventuroso il ciclismo di quegli anni.
Grazie a Serena e alla famiglia Barisone per i documenti che mi hanno gentilmente concesso e che ho pubblicato per la prima volta in questo articolo.















1 commento:

Claudio J.Jhcm ha detto...

Un plauso a Paolo per l'accuratezza delle informazioni, resoconto molto interessante che fotografa uno spaccato del ciclismo del dopoguerra.