venerdì 17 agosto 2012

Le vacanze e le mattonelle di Alassio

 Vado in vacanza... e il blog rimmarrà fermo fino al 30 agosto! Vi lascio, però, con un pò di scatti di ciclismo eroico e contemporaneo impresso nelle celebri piastrelle del muretto di Alassio.

Invito tutti i lettori a NON mandare e-mail fino al 30 Agosto per evitare di intasare la casella mail !

A presto !













mercoledì 8 agosto 2012

Bianchi Reparto Corse 1961

Dopo una lunga gestazione dovuta ad un tubo storto, e prontamente raddrizzato dai cari amici telaisti Andrea e Claudio, sono riuscito a terminare la mia Bianchi prodotta dal Reparto Corse nel 1961 ed appartenuta al gregario Antonio Dal Col.
Un restauro dalla lunga gestazione, dicevo, durato quasi un anno ma che ha subìto un prodigioso sprint finale per arrivare giusto in tempo per parteciparvi alla cicloturistica La Mitica, in omaggio al Campionissimo Fausto Coppi.
Questa bici non dispone di così tanto blasone, il suo ex propritario fù umile gregario, ma la bici mostra tutti i segni della bontà di lavorazioni del mitico Reparto Corse Bianchi gestito dal duo Pinella De Grandi e Gilardi.
Antonio Dal Col, nasce a Pieve di Soligo il 14 giugno del 1932, passa professionista alla Torpado nel 1959, nel 1960 passa alla Bianchi dove correrà fino al 1961, nel 1962 tenterà la sorte come Individuale per poi terminare la sua breve carriera. In qualità di gregario non dispone di un Palmares ricco, ma qualche piazzamento è bene ricordarlo, soprattutto il 5° posto alla nella diciottesima tappa del Giro d'Italia del 1960 che poi terminerà al 44° posto nella classifica finale, 21° posto al Giro del Piemonte del 1959, 47° al Lombardia del 1960 e 34° in quello del 1961, poi altre partecipazioni ad altri Giri e Milano-Sanremo.
Una breve carriera e poche soddisfazioni, ma ci resta questa importante testimonianza della sua bicicletta, bellissima e slanciata, con telaio da 61 c-f, adatta ad un omone come Dal Col che sfiorava il metro e 90!
Il telaio porta tutti i segni distintivi delle Reparto Corse, come l'alleggerimento estremo delle congiunzioni e i rinforzi nei punti critici, i mozzi Campagnolo marcati Bianchi sono da 40 fori al post. e 36 all'ant. e sono dotati di oliatore a fascetta, la pipa e il manubrio sono in alluminio Ambrosio Champion, i freni sono Universal Brev. 453949, cambio Campagnolo Gran Sport e deragliatore Record 1° serie, pedali Campagnolo Gran Sport 1° serie, guarnitura con pedivelle Bianchi in acciaio e doppia moltiplica Bianchi in alluminio, tutta la serie sterzo e il movimento centrale è Bianchi, ma prodotta da Campagnolo che ha inciso su tutte le parti il suo marchio.

TUTTE LE FOTO QUI:







lunedì 6 agosto 2012

Stucchi - aggiornamento


Aggiornamento riguardo alla Stucchi di Renato, il quale ci invia le foto delle componenti, tra cui la guarnitura marcata 1914, che sia l'anno di fabbricazione?








Bianchi Zaffiro 1947 conservata

Da Domenico le foto di questa conservatissima Bianchi Zaffiro del 1947.
Queste prime versioni, del dopo guerra, di Bianchi Zaffiro hanno delle particolarità che le rendono più particolari ed interessanti rispetto alle ben più comuni sorelle, nate qualche anno dopo.
I parafanghi, rispetto ai modelli successivi, sono in alluminio (condivisi con il modello Icaro), dello stesso materiale troviamo anche il disco del carter. I pedali sono del tipo lusso a "trombetta", mentre esteticamente troviamo la grande decal a fascia posta sul tubo obliquo, presa in prestito dai modelli anni 40 anteguerra.
Anche il fregio manubrio. in questo caso, proviene direttamente dalle produzione anteguerra, difatti in questo caso troviamo il fregio smaltato con la rosa dei venti, mentre dovrebbe avere già il dischetto in alluminio serigrafato con l'aquila su sfondo blu. 
Analizzando altri modelli conservati di Bianchi Zaffiro 1946/47/48 si possono trovare sia fregi anteguerra sia fregi del nuovo corso, ciò accadeva sicuramente per questioni di smaltimento di vecchie giacenze di magazzino dovute all'interruzione bellica della produzione di cicli.
Dal 1942 iniziarono sistematici bombardamenti alleati sullo stabilimento Bianchi di Via Abruzzi, fino alla definitiva chiusura nel 1943. Appena conclusa la guerra, la Bianchi riaprì con uno stabilimento tutto nuovo e ammodernato, ma parte della produzione di componentistica scampata ai bombardamenti e destinata ad un eventuale produzione nelle stagioni 1943/44/45 rimase inutilizzata nei magazzini, sicuramente si decise di smaltire gran parte della componentistica montandola anche sui nuovi modelli, è così che si può spiegare la diffusa presenza di materiale "vecchio" su certe Bianchi del dopoguerra, in primis i fregi manubrio ed  i pistoncini dei freni con inserto in bachelite nera. 








mercoledì 1 agosto 2012

Squadra Corse Ferretti 1971 by Masi



L'amico Paolo Borelli, presidente dell'UVP, mi invia le foto della sua bicicletta proveniente dalla Squadra Corse Ferretti dei primi anni 70 e appartenuta all'asso belga Albert Van Vlierberghe. Il restauro conservativo è stato curato alla perfezione da Lele Bocchi e la storia di questa bicicletta, non solo quella sportiva, è molto interessante, ce la facciamo raccontare direttamente da Paolo che mi ha inviato un breve racconto:

"Nel 1970, mio padre assunse la direzione della filiale di Parma della Ferretti Cucine Componibili, azienda costruttrice di mobili con sede a Capannoli (PI), che per motivi pubblicitari dal 1969 a tutto il 1972 allestì una squadra corse professionistica guidata da Alfredo Martini, già coequipier di Fausto Coppi e futuro commissario tecnico della nazionale italiana dal 1975 al 1997.
    La passione per la bicicletta e il desiderio di mantenersi in forma, spinsero mio padre a chiedere alla direzione dell’impresa pisana una bicicletta da corsa, da scegliere fra quelle che a fine stagione i corridori avrebbero abbandonato per averne una nuova l’anno successivo. Fu così, che per ragioni di altezza e misure gli venne concessa ad un prezzo di settantamila lire (una discreta somma, per l’epoca) quella del corridore fiammingo Albert Van Vlierberghe in forza al sodalizio toscano fin dal 1969.
    La bicicletta, completamente marcata con i colori sociali e i loghi dell’azienda, è uno dei tanti gioielli usciti dall’officina milanese di Faliero Masi e costruito con tubazioni americane Reynolds.
   Non ricordo bene, ma credo che venimmo in possesso della bicicletta all’inizio del 1971 o forse del 1972, quindi il modello in oggetto ha calcato le scene del ciclismo italiano e mondiale nel 1970 o nel 1971, conquistando grazie al corridore belga diversi ed importanti successi. Prima di citarli, due parole su Albert Van Vlierberghe, il cui cognome figura ancora nell’etichetta adesiva originale collocata sul tubo orizzontale della bicicletta.
   Nato a Belsele il 18 marzo 1942 e, purtroppo, prematuramente deceduto a Sint Niklaas, località da dove fino a qualche anno fa partiva il Giro delle Fiandre, il 20 dicembre 1991. Era un passista veloce, come molti dei suoi connazionali, capace di fughe a lunga gittata come pure di vittorie allo sprint, pur non essendo un velocista puro. La sua carriera era iniziata nel 1965 con la Flandria e dopo i cinque anni alla Ferretti e i passaggi in altre squadre ha fatto ritorno alla Flandria Velda per poi chiudere nel 1980 con la Masta, una squadra belga di seconda fascia.
   Il palmarés di Van Vlierberghe è costituito da cinquanta vittorie, tra le quali spiccano alcune perle come tre tappe al Tour de France (la Angers-Royan del 1966, la Montpellier-Toulouse del 1970 e la Fribourg-Mulhouse, prima semitappa del Tour 1971), tre tappe al Giro d’Italia (la Cosenza-Taranto del 1967, la Montecatini-Follonica del 1969 e la Messina-Messina, col giro dei Peloritani, del 1972). Importanti, oltre a numerosissime corse “minori” inserite nella cosiddetta “campagna del Nord”, tra cui il Gran Premio di Vallonia (nell’edizione 2011, vittoria di Philippe Gilbert) i due successi consecutivi alla Sassari-Cagliari del 1971 e 1972.
   A proposito di queste ultime due vittorie menzionate, racconta Emilio Casalini, professionista parmense all’epoca con la Salvarani: “L’andeva tant fort (andava veramente forte, in dialetto parmigiano), è partito ad una cinquantina di chilometri dall’arrivo e noi ad inseguire, ma niente da fare, nonostante il vento contrario che di sicuro non agevola un corridore in fuga solitaria”. Questa, in sintesi la storia di Van Vlierberghe e della bicicletta che Lele ha pazientemente e con grande maestria riportato ai fasti dell’epoca.
    Da non dimenticare che tra i suoi compagni di squadra ci furono i celebri fratelli svedesi Erik, Gosta (vincitore del Giro d’Italia del 1971), Sture e Thomas Petterson, Gianni Motta, Italo Ziloli e i grandissimi pistard padovani Giuseppe Beghetto e Sergio Bianchetto. Ultima annotazione, ricordo chiaramente che il tubolare originale della ruota posteriore recava il nome del corridore veneto Lino Farisato, altro componente della squadra, a cui probabilmente la ruota, con cinque rapporti (il più agile è il 23), era destinata. Sul telaio, la decal con la fascia iridata di Campione del Mondo, inserita da Masi. Tra le varie date spicca quella del 1968. Fu quella del parmigiano Vittorio Adorni ad Imola, in sella ad una Masi, marcata come si usava allora con i colori della sua squadra, quelli bianco e rossi della Faema di Eddy Merckx. Mi fermo qui, ma sono tanti i nomi e le storie che si potrebbero raccontare, aprendo la scatola cinese della memoria.
In merito alla permanenza nella nostra famiglia di questa bicicletta posso solo aggiungere che dopo qualche anno di sporadico utilizzo, anche da parte mia (con maglia e borraccia originali), allora adolescente, era finita appesa al chiodo e dimenticata, per poi essere - in tempi abbastanza recenti - trasformata da mio padre in bici da viaggio per gli spostamenti urbani. Fortunatamente la nascita nel 2008 della Polverosa e successivamente dell’Unione Velocipedistica Parmense, mi hanno spinto ad appropriarmi della bici, ottenendola da mio padre in cambio di una nuova da città. Poi, grazie all’aiuto, alla passione e alla competenza degli amici, Lele in primis, è stata restaurata, riportandola il più possibile alle condizioni originarie, cosa questa che le ha permesso di prendere parte a diverse edizioni dell’Eroica e naturalmente della Polverosa." PAOLO BORELLI