martedì 31 luglio 2012

60 anni dopo torna il Muro!

La notizia è di quelle da far venir la pelle d'oca agli appassionati di ciclismo eroico... dopo 60 anni torna il temibile Muro di Sormano al Giro di Lombardia!
Il Muro di Sormano era stato introdotto da Vincenzo Torriani (storico organizzatore del Giro d'Italia) nel 1960 per rendere più selettivo il Lombardia. Il fondo dissestato e la pendenza proibitiva con picchi del 27% con alcuni tornanti con un dislivello impossibile costrinsero molti corridori a salire a piedi, immagini di primordiale ciclismo eroico, ma in salsa moderna! 
    L'edizione 1960 fu selettiva, ma la distanza dal traguardo di Milano consentiva di recuperare. Nel 1961 e nel 1962, l'arrivo venne spostato a Como, e la distanza ridotta influì pesantemente sul risultato finale.
Memorabili le imprese al Muro di Imerio Massignan e di Vito Taccone, ma soprattutto la grande prestazione di Ercole Baldini, passista e di stazza notevole, che nel 1962, segnò un tempo di ben 45" più basso del primato stabilito in precedenza dal ben più agile scalatore Massignan.
Per questi motivi, nel 1963, il Muro di Sormano fu abbandonato e si tornò a percorsi più tradizionali.
Furono proprio le vicende al Muro di Sormano che indussero l'industria ciclistica italiana a sviluppare e produrre gli ingranaggi da 28 denti.
L’ultima volta che il Muro di Sormano fece parte del percorso del Lombardia era il 1962 e vinse l’olandese Johannes de Roo che fece il bis l'anno successivo, ma il recordman della Classica delle foglie morte rimane saldamente Fausto Coppi che vinse cinque edizioni di cui quattro consecutive nel 1946 – 1947 – 1948 – 1949 e 1954.
    Oggi il Muro di Sormano è meta di pellegrinaggio di tanti cicloamatori che ne tentano l'ascesa in memoria delle gesta eroiche nelle tre edizioni degli anni 60, il fondo è ovviamente stato asfaltato e impreziosito da un testo che elogia le gesta dei primi temerari ciclisti, inoltre sono stati impressi i tempi degli scalatori che hanno segnato con le proprie ruote i migliori tempi al Muro.
Non ci resta che attendere Settembre, nella speranza di poter godere di uno spettacolo di altri tempi... c'è da scommeterci che nel dopo-gara le critiche e le feroci lamentele non tarderanno ad arrivare. 

lunedì 30 luglio 2012

Telaio Stucchi ?


Dal caro Renato le foto di questo bel telaio anni 20 che sembrerebbe ricondurre alla produzione Stucchi.
Ottima la fattura e la cura del telaio,la congiunzione sella priva di bullone (ma con sistema reggisella ad expander) e la particolare forma delle guide dei freni farebbe appunto pensare alla produzione e allo stile Stucchi dell'epoca. Il numero di telaio è 158381.
Tutti i contributi e le info su questo telaio e sulla sua origine sono ben accette ! 








venerdì 27 luglio 2012

Bartali 1950

Il mio fedele compagno di ciclostoriche Anselmo, ci invia questo meraviglioso servizio fotografico che ritrae un altrettanto spettacolare Bartali del 1950 di proprietà di un amico.
Questa bici è in mano ancora al primo proprietario da oltre sessant'anni, da quel lontano 1950, anno in cui l'acquistò presso i Fratelli Santamaria di Novi Ligure, ovvero i produttori delle biciclette omonime del Ginettaccio.
In tutti questi anni la bicicletta è stata consevata come una reliquia, con devozione e passione è stata mantenuta inalterata come nuova di fabbrica, un conservato incredibile, perfetta testimonianza storica sia per gli appassionati sia per chi desidera restaurare un modello analogo.
La bici riporta tutte le componenti originali e come possiamo vedere gran parte di essi sono marcati Bartali, addirittura i freni prodotti dalla Balilla di Torino. In bella mostra vediamo il mitico cambio Cervino, tanto odiato ai tempi dai corridori per la scarsa affidabilità, quanto amato dai collezionisti al giorno d'oggi proprio per il legame iconografico con l'epopea post bellica di Gino Bartali, in questo caso il Cervino è stato abbinato ad un deragliatore manuale Simplex che agisce su una doppia corona della medesima marca francese.
L'amore del proprietario per questa bicicletta, per Bartali e per il ciclismo in generale è evidente, oltre alla conservazione maniacale della bicicletta ha conservato l'intero corredo da ciclista dell'epoca, in queste foto si vedono: il cavalletto in legno costruito artigianalmente ai tempi per sostenere la bici salvaguardando i preziosi tubolari, la maglia Bartali Ursus in lanetta, una cartolina pubblicitaria della Santamaria di Novi L. che ritrae il campione di Ponte a Ema e addirittura le istruzioni originali del cambio Cervino.
Un sentito grazie a questo vecchio ciclista eroico che con amore ha saputo tramandare una importante testimonianza del suo tempo, un grazie anche all'amico Anselmo che ci ha fornito le foto mettendole a disposizione di tutti gli amici appassionati !















martedì 24 luglio 2012

La storia del Ghiggini


Dall'amico Lele arriva questo interessante articolo che scava in profondità sulla storia (poco nota) dell'artigiano spezzino Francesco Ghiggini.
Indiscusso padre dei cambi di velocità moderni, ingegnoso e innovatore, intuì per primo la strada migliore per ottimizzare il cambio di velocità progettando uno strumento compatto ed efficente basato sul parallelogramma deformabile. Tanto effincente che tutt'oggi gli ultratecnologici cambi di velocità si basano ancora su questo principio ormai vecchio di oltre 70 anni!
Una storia affascinante, oserei dire "sfortunana" quella del Ghiggini, infatti come insegna spesso la storia il grande ingegno non viene sempre ripagato... il meccanico spezzino, abilissimo nella meccanica, risultò essere un pessimo venditore di sè stesso... i suoi prototipi, i suoi principi, vennero ripresi pochi anni dopo dall'impero industriale di Tullio Campagnolo che lanciò il suo fortunatissimo Gran Sport.
A questo punto la storia assume tratti da spy-story... Ghiggini vendette il brevetto? Ghiggini poco avvezzo al marketing fece scadere il suo preziosissimo brevetto? -oppure- Caso eclatante di spionaggio industriale?
Questo vecchio articolo sostiene la tesi della vendita del brevetto a Campagnolo... ma l'alone di mistero permane e assume i tratti della leggenda...
In merito a Campagnolo e al suo Gran Sport, parafrasando versi di manzoniana memoria - "fù vera gloria, ai posteri l'ardua sentenza..." - possiamo di sicuro sostenere che il cocciuto Tullio, fino all'ultimo aveva sostenuto caparbiamente il suo principio base del cambio senza attriti (concetto su cui si basava il vecchio Cambio Corsa a due leve), se per Campagnolo il futuro era ancora con cambi a stecca, tesi avvalorata dall'uscita nel 1948 del Parigi-Roubaix, che si trattava chiaramente del cambio nuovo per affrontare gli anni 50, non si spiega la scelta di ripiegare in fretta e furia su un progetto totalmente nuovo.
Di sicuro il 1949 fù un anno caratterizzato dall'uso di massa da parte dei professionisti del cambio Simplex a due pulegge, Campagnolo incalzato da questo inaspettato cambio di tendenza decise di puntare su un concetto nuovo, più moderno, nonostante il lancio nell'anno precendente del suo nuovissimo pupillo, il Parigi-Roubaix. Così nel dicembre del 1949 la Campagnolo di presentò al Salone di Milano con un inedito cambio a parallelogramma deformabile, il Gran Sport (inizialmente era stato concepito con un comando a doppio filo che ne gestiva l'andata ed il ritorno) successivamente fu introdotta la molla di ritorno.
In quel 1949 cosa intrecciò la strada di Campagnolo con quella di Ghiggini ?  
Questo disegno illustra il progetto e il funzionamento del primo prototipo di Ghiggini di cambio a "bilanciere". Siamo nel 1941, il Gran Sport arriverà sul mercato nel 1950.



giovedì 19 luglio 2012

La Bianchi del 1949 di Fausto Coppi


Molti cicloappassionati l'avranno già vista dal vivo in qualche manifestazione, dove Gianfranco Trevisan è immancabile protagonista, ma per tutti gli appassionati che non hanno avuto la fortuna di toccare il "mito" con mano sono molto felice di pubblicare per la prima volta in assoluto sul web la Bianchi del 1949 appartenuta al Campionissimo Fausto Coppi, ed ora di proprietà dell'amico e collezionista Trevisan.
Questa con grandi probabilità è stata una delle bici (se non l'unica) utilizzate da Coppi durante il vittorioso Tour del 1949, la bici è stata restaurata completamente, ma alcuni segnali indicano una caduta, probabilmente si tratta della famosa caduta nella 5° tappa, Rouen-Saint Malo.
Celebre la favola che ruota attorno a questa celebre caduta, Coppi cadde e fortemente demoralizzato stava per abbandonare il proseguo della corsa, vanificando le possibilità di risalire la classifica generale, Bartali, suo compagno di avventura al Tour lo strappazzò per bene e lo rimise in sella... il resto è leggenda: Coppi arriva a Parigi con 7'02" di vantaggio sul secondo, il compagno di squadra Bartali.
Tornando alla bici è curioso notare che il numero di matricola è di un numero più grande rispetto alla bici di Coppi esposta al Museo del Ghisallo!
Il telaio è nelle classiche misure utilizzate dal perfezionista Coppi, con il tubo piantone da 61,3 c-f, la pipa da 11cm è Cinelli in ferro marcati Bianchi, il manubrio Ambrosio in alluminio, immancabile sella Brooks B17, freni Universal brev. 361666, mozzi FB-Campagnolo marcati Bianchi, pedali in alluminio FOM e guarnitura Magistroni a doppio plateau per lavorare in abbinamento con il deragliatore Simplex a leva manuale. La grande particolarità di questa bici è il forcellino predisposto per il cambio Simplex, la Bianchi (a differenza della quasi totalità delle altre marche) non ha mai adottato il cambio Simplex nelle sue bici di serie... la parentesi col Simplex è stata brevissima, solo nel 1949 e parzialmente nel 1950, ma solo per le bici del Reparto Corse, nella produzione di serie il cambio francese rimase sempre un tabù. All'origine della scelta del reparto corse di utilizzare il Simplex nella stagione 49-50 probabilmente risiede in motivi di sponsor. 
Come tutte le Bianchi del reparto corse della fine degli anni 40 lo "svuoto" nella testa della forcella e le nervature sul carro inferiore sono dipinte di rosso, a differenza del classico blu che caratterizzerà tutta la produzione (anche industriale) della Bianchi degli anni 50/60.
Dopo la scorpacciata di fotografie di questa leggendaria bicicletta non vi resta che venirla a vedere dal vivo assieme alla sorella del 1954 (sempre di proprietà di Gianfranco Trevisan) nelle varie manifestazione e ciclostoriche che si tengono per tutto il 2012 !













venerdì 13 luglio 2012

Bianchi Suprema 1940

L'amico Maurizio ci manda le foto della sua Bianchi modello Suprema del 1940 restaurata tempo fa.
Ottimo restauro conservativo per questo modello di gran lusso femminile (è la versione da donna della Scettro), la bici è decisamente ben conservata anche per merito delle eccezionali cromature Bianchi che notoriamente erano di qualità elevatissima.
   Questo modello presenta tutte le caratteristiche dei nuovi modelli Bianchi che sono nati dopo il 39 (rimasti in vendita fino al bombardamento dello stabilimento Bianchi del 1943) ovvero la marcatura delle componenti con la scritta Bianchi in stampatello dentro al riquadro, parafango posteriore dipinto di bianco e gemma catarinfrangente marcata Bianchi sul vetro (queste ultime due caratteristiche erano appena divenute obbligatorie per legge e la Bianchi fù una delle poche case che si prodigò a realizzare tale modifica direttamente in fabbrica, evitando l'incombenza al cliente finale). Altre novità le si trovano a livello estetico, con l'adozione dei parafanghi carenati con il caratteristico "puntale" cromato, le Bianchi di questo periodo si contraddistiguono per una opulenza, quasi barocca, dell'estetica.
    Per il resto troviamo le medesime caratteristiche delle Bianchi di lusso degli anni 30/40, pedali a "trombetta", mozzi con ingrassatore, leve freno in ferro e sella in cuoio Aquila marcata Bianchi sulle guance.