martedì 29 giugno 2010

Wolsit freno a tenaglia

L'amico Massimo, ci mostra questa straordinaria bicicletta Wolsit... in ottime condizioni !
particolarissimo il sistema si frenata, ricorda molto il sistema in dote alle bici migliori di casa Gloria o se vogliamo molto simile al sistema frenante della Olympia mod. Alfa.
Il sistema di trasmissione è il classico a bacchette, però ad una analisi più approfondita possiamo notare una forte somiglianza con il sistema frenante tanto caro ai francesi sulle loro bici da corsa, ovvero la "ganascia" è fissata ai tubi della forcella tramite due perni che fungono da fulcro per stringere sul bordo del cerchio, mentre il movimento viene azionato tramite tiraggio centrale. In Italia questa soluzione ebbe largo impiego solo nel 1961 grazie ai fratelli Pietra e alla loro Universal, infatti in quell'anno presentano il freno mod. 61, il funzionamento è in pratica il medesimo, a differenza ovviamente della trasmissione che era a cavo metallico.
Una vocazione, se così si può dire, sportiva per questa Wolsit... infatti anche il telaio lascia stupiti, infatti è del tutto simile al modello di telaio utilizzato a cavallo fra il '20 e il '30 dalla Wolsit per i suoi modelli da corsa... nello specifico lo si nota osservando le elaborate forme delle congiunzioni e della pipa di sterzo che forma una specie di ovale che racchiude lo scudetto col marchio, inoltre anche il forcellino posteriore e l'esile carro posteriore è il medesimo dei modelli da corsa !
A conti fatti è un telaio da corsa Wolsit, tradisce la velleità agoistica di questa bicicletta solo gli snodi e i fulcri della trasmissione dei freni a bacchetta, che ovviamente sono saldati al telaio.
Il telaio è verniciato di ocra e filetti verdi, come a discostarsi dai modelli da passeggio sempre rigorosamente in nero !
Monta mozzi da 40 e 32 fori non originali, ma coevi dell'epoca, non mi sarei stupito se avessi visto un giro ruota sul mozzo posteriore !
A vedere questi modelli si percepisce fino in fondo la qualità delle nostre fabbriche del passato, e per l'ennesima volta possiamo confermare che spesso e volentieri le sottomarche sfornavano biciclette ben superiori alle marche di punta !

venerdì 25 giugno 2010

Cinelli SC 1958

In attesa che l'amico Stefano ci inoltri più immagini del restauro ultimato di questo capolavoro italiano degli anni 50, una Cinelli Supercorsa del 1958.
Una bici completa e in perfette condizioni, tutta originale !
Le bici Cinelli, marca celebre per la produzione di manubri in ferro, erano bici molto sofisticate e molto apprezzate, i particolari salienti delle Cinelli erano il tipico bullone stringisella sul retro della congiunzione e la testa della forcella spiovente, bellissima!

mercoledì 23 giugno 2010

Legnano mod.54 1930 - Nuove foto

A RICHIESTA... RISPONDO !!!
ECCO ALTRE FOTO DI QUESTA STUPENDA LEGNANO del 1930 !

martedì 22 giugno 2010

Legnano 1930...del campione ?

...piano piano, tutte le Legnano finiscono dal buon Renato...
Una Legnano da corsa del 1930, inizialmente correva voce che fosse appartenuta verosimilmente a Giovanni Brunero, punta di diamante assieme a Binda della Legnano negli anni 20.
All'ora le uniche conferme di questo ipotetico passato glorioso arrivarono dalle parole del vecchio proprietario, un anziano ciclista che sosteneva che questa bicicletta fu donata al suo vecchio zio dal parentado di un famoso corridore torinese della squadra Legnano.... forse Brunero, effettivamente il numero di serie di questa bici (05885) trovava una netta incongruenza con i progressivi della ditta Emilio Bozzi di quegli anni, infatti nel periodo temporale in cui è collocabile questa Legnano i progressivi erano già in versione alfanumerica con una lettera dell'alfabeto in progressivo davanti alla serie di numeri... (per l'esattezza nel 1926 si era nel periodo in cui la lettera era la E, mentre nel 1929 si era ancora alla Q, ma se la prima cifra non fosse uno "0"(zero), ma una "O" ? beh, allora in questo caso la datazione si collocherebbe perfettamente all'interno del "registro" di casa Bozzi.
Brunero, fu una della punte di diamante della Legnano negli anni 20, nonostante la convivenza con l'insuperabile Binda, riuscì a portare a casa ben tre Giri d'Italia (1921, 1922, 1926) oltre a svariate vittorie a piazzamenti nelle più importanti manifestazioni italiane e francesi (tra cui la vittoria della furiosa tappa di Briancon nel Tour del 1924).
Giovanni Brunero era nativo di San Maurizio vicino a Torino (4 ottobre 1895) e morì sempre nel torinese a Ciriè nel 1934, quindi non si spostò mai dalla terra natia e forse nemmeno le sue bici.
Storia molto affascinante, purtroppo Brunero concluse la gloriosa carriera nel 1929, dunque questa bici del 1930, non può essere appartenuta a questo Campione, forse un'altro nome potrebbe essere più plausibile, un tal Felice Gremo, torinese, che corse appunto nel 1930 per la Legnano.
In ogni caso, qualunque passato avesse avuto questa bicicletta, rimane il fatto innegabile che è una Signora bicicletta... una bicicletta completa e raffinata. Questa bicicletta è la perfetta incarnazione della bici da competizione degli anni 20 con tutte le caratteristiche peculiari di quel periodo. Nel bellissimo colore bleu Legnano (solo negli anni 30 venne introdotto il verde ramarro) racchiude componentistica di esagerata raffinatezza e pregio, cerchi e parafanghi in legno e pedali a sega marcati Legnano, così come la sella ancora intosa dopo oltre 80 anni che reca la targhetta Legnano sul retro, giro ruota e oliatore per la catena sul tubo piantone, grandi mozzi con oliatore finemente nikelati marcati Legnano, freni e leve Bowden.
Solo il manubrio è andato perduto, rimosso quando il vecchio proprietario in giovane età la volle utilizzare da sfoggiare fra amici e rivali di boccette al bar...
...peccato un esemplare del genere avrebbe meritato ancora, dopo tanti anni, il suo manubrio dove, forse, il campione ha trasmesso col suo sudore la fatica di scalate micidiali sulle strade bianche di un tempo mitico.
Conoscendo il buon Renato, posso garantire sulla qualità del restauro che ne salterà fuori, non rimane che attendere fiduciosi le foto ! Buon lavoro !

lunedì 21 giugno 2010

Repliche gommini dei pedali

L'amico Andrea ci presenta la sua nuova iniziativa: replicare fedelmente i vecchi gommini del pedale delle marche più blasonate come Bianchi, Maino, Legnano, Dei, Taurus, ecc...

Inoltre sono disponibili nelle colorazioni nero o bianco con le sue rondelle e distaziatori a clessidra. Un'ottima idea per terminare in ogni dettaglio il restauro della bici del cuore !

Per info e prezzi contattare Andrea: pedalebianconero@hotmail.it

Nelle foto potete vedere alcuni esempi delle sue creazioni !

giovedì 10 giugno 2010

Beltramo primi anni 40

Questa Beltramo dei primi anni '40 è un piccolo regalo per gli amici torinesi e zone limitrofe... in particolare all'amico Max, la cui ultimazione del restauro della sua Beltramo del '34 è attesa come la pioggia nel Sahara (vero Max !?).
Beltramo è stato uno dei grandi telaisti e costruttori di bici da corsa torinesi, attivi negli anni d'oro tra il 1930 e gli anni 50. Uno dei primi ad impiegare in maniera diffusa la saldatura a congiunzioni invisibili tanto da diventarne il marchio di fabbrica, annoverando Beltramo fra i maestri telaisti.
Beltramo nonostante fosse un artigiano con una piccola bottega ebbe un notevole successo sul mercato nazionale, non è difficile reperire biciclette del suo marchio in giro per l'Italia, e i tratti distintivi del marchio saltano subito all'occhio, come in questo esemplare: le già citate congiunzioni invisibili, la testa della forcella piatta, l'abbondanza e l'insolita posizione degli ingrassatori e l'inconfondibile azzurro metallizzato Beltramo. Nelle foto seguenti si può notare l'oliatore del movimento centrale posizionato insolitamente proprio sulla saldatura a cavallo tra in tubo piantone e il tubo obliquo del telaio, mentre sempre nelle foto sotto si può vedere il secondo ingrassatore posizionato sul retro del tubo di sterzo. La dotazione di questo esemplare è arricchita da stupendi parafanghini in legno, il posteriore dotato di occhielli per ancorare, tramite due cinturini, i tubolari di scorta.
Il gruppo freni è un Universal mod.39 (brev.361666), mentre il cambio è un Simplex Campione del Mondo.


mercoledì 9 giugno 2010

Giovanni Medardo...

...chi sarà mai questo Medardo Giovanni, tanto celebre da farsi mettere il proprio nome sulla guarnitura di questa Maino degli anni 10?

lunedì 7 giugno 2010

Reparto Corse Bianchi 1964 di Venturelli

Molti appassionati, soprattutto alle prime armi, ambiscono alla bici antica, l'equazione è semplice: bici d'epoca = bici precedente agli anni 60...  per cui a sentire 1964 arricciano il naso: "...sì è d'epoca, ma dopo gli anni 50 le bici non sono più quelle di una volta... troppo moderne" 
Sono convinto che in certi casi, alcune bici cosidette vintage regalano emozioni pari a bici ben piu vecchie ed è il caso di questa Bianchi del 1964 appartenuta al professionista Romeo Venturelli, nato a Sassostorno di Lama Mocogno, vicino Modena, il 9 dicembre 1938.
A mio avviso è una bici spettacolare, una bici che per caratteristiche sembra l'anello di congiunzione tra le bici da corsa moderne e le eleganti biciclette degli anni 50. Infatti il telaio è sostanzialmente il medesimo di quello utilizzato in Bianchi per tutti gli anni 50 a partire dalla Tour de France del 1953, ovviamente questo essendo un prodotto dal Reparto Corse risulta differente su certi aspetti, intervenendo sulla riduzione del peso delle tubazioni e si lavoradno sull'alleggerimento ulteriore delle congiunzioni, ma nella sostanza non presenta grandi novità estetiche o tecniche, solo l'oliatore a lancetta per lubrificare il piantone di sterzo risulta inedito. 
Molto più sostanziose invece sono le novità che riguardano le componenti: il cambio è Campagnolo Record , uscito appena l'anno prima, nel 1963, la guarnitura sempre Record ha il girobulloni 151, i freni invece sono del tipo a tiraggio centrale Universal mod. 61.
La pipa manubrio da 12 cm è una 3T Gran Prix.
Una bici interessantissima, che mostra il pieno dell'evoluzione tecnica che stava trasformando la bicicletta a mezzo moderno e tecnologico, si è partiti nel 1958 grazie alle innovazioni del Gruppo Record Campagnolo e si è giunti a piena maturazione negli anni 70.
Romeo Venturelli fu considerato dallo stesso Fausto Coppi, il suo erede naturale... Al giovane Meo stavano addosso in molti, da dilettante infatti, aveva dimostrato una notevole facilità di pedalata su ogni percorso e fondo.
Lusingato dai complimenti del Campionissimo, sul finire del 1959 accettò l'offerta della San Pellegrino, (che correva con biciclette Bartali), per correre dalla stagione 1960, convinto dall'opportunità di gareggiare sotto la guida di due veterani Fausto Coppi e Gino Bartali, rispettivamente capitano e diesse della squadra lombarda.
Fausto lo scelse perchè aveva la stoffa del passista ed lo convinse che rispettando le sue rigide regole da ciclista sarebbe diventato un fenomeno delle salite lunghe. Romeo fu ospite diverse volte a Novi Ligure a casa Coppi per intensi allenamenti, a sua volta il quarantenne Campionissimo si recava al paese di Venturelli per seguirlo in alcune corse locali.
Purtroppo l'idillio tra il rampante Venturelli e campione in declino non si concretizzò mai, Romeo esordì due mesi dopo la morte di Coppi nella crono di 37km Parigi-Nizza, dove Venturelli dimostrò tutto il suo carattere battendo Anquetil (l'altro erede mai compiuto di Fausto) e Rivière. In diverse competizioni, affincato anche da altri eccellenti interpreti come Ronchini, si impose in memorabili vittorie, purtroppo Venturelli non rispettò mai completamente le ferree regole del buon ciclista impostegli da Coppi all'esordio della sua carriera.
Nonostante lo stupore dei vari direttori sportivi della squadre in cui militò, per via della sua prodigiosa pedalata fluida e progressiva, terminò la sua carriera nel 1971 con solamente 6 vittorie da professionista in bacheca, l'ultima al Giro del Piemonte del 1965. Coppi era Campionissimo anche per questo: la sua dedizione alla bici, al ciclismo, alle diete, alla salute e all'allenamento furono indispensabili durante la sua carriera... la mancanza di sacrificio da parte di molte stelle promesse le fecero bruciare troppo in fretta.

venerdì 4 giugno 2010

Bianchi Sabauda 1940

Quando si tratta di biciclette di famiglia, quando subentrano sentimenti e affetti che io non posso rievocare con le mie parole allora lascio che sia il proprietario a descirvere il proprio lavoro e le sue sensazioni. La parola a Carlo, dunque, un carissimo amico, che ho potuto conoscere di persona potendo percepire quanto amore e dedizione ci abbia per terminare questo minuzioso restauro:
"Questa bicicletta apparteneva a mio padre, scomparso nel 2008 a 86 anni.
Era la sua bicicletta, quella che usava tutti i giorni fino a quando la salute gli ha permesso di cavalcarla. Circa 6 anni fa, quando ancora non ero interessato al mondo delle bici d'epoca, decidemmo - mio padre ed io - di sistemarla un po', ma l'inesperienza di entrambi ha fatto sì che la pasticciassimo. Ci sembrava bella così, pedalabile e scorrevole. Pensavo addirittura fosse una bici più recente, anni '50, sù per giù, ma le caratteristiche tecniche ed estetiche della bici non mi permettevano di stabilirlo con precisione.
Nel 2006, per caso mi innamorai di questo mondo, cercai subito di capire il periodo di costruzione e scoprii che dietro la pedivella doveva esserci punzonato qualcosa. La bici si presentava completamente verniciata di nero il telaio e di argento il resto. Armato di sverniciatore comincio ad eliminare lo strato di colore dalla pedivella: come per magia compare un C2 41 e allora - incuriosito - approfondisco l'argomento smontando altri pezzi e cercando qualche altra punzonatura. Le trovo: sulla guarnitura c'è Bianchi 40, sul movimento Bianchi 41 e altri particolari marcati riportano 39-40-41 da ogni parte. Senza ombra di dubbio questa Bianchi è databile 1940.
L'idea di restaurarla a fondo cominciava a prendere corpo, ma da solo non ce la potevo assolutamente fare e la qualità del restauro che volevo ottenere era sicuramente fuori dalla mia portata e dalle mie competenze. Chiesi al mio amico Pietro (il ciclomeccanico di Cassolnovo, grande esperto in materia) un aiuto e mi disse subito di sì.
Papà intanto non c'era più e ogni giorno ero sempre più convinto della mia scelta. Tra pause e riprese, tra vicissitudini che la vita quotidiana ci presenta, dopo circa 1 anno la bici è pronta !
Eccola, un gioiello di rara bellezza, telaio riportato a ferro, sabbiato, cromatura delle parti bianche, filettature con puntali, decalcomanie nel posto giusto e parafango posteriore verniciato di bianco come da imposizione del decreto di guerra.
Accessoriata in modo coevo ed importante, ma senza strafare, questa Bianchi Sabauda monta una fanaleria Radsonne dell'epoca, manopole di osso bicolore, campanello in ottone marcato bianchi, gemma di vetro marcata Bianchi sul parafango posteriore, pedali Bianchi a 4 gommini con la "B".
L'unica cosa che mi dispiace è che il mio caro papà non ha fatto in tempo a vedere la sua bici finita."



giovedì 3 giugno 2010

Bianchi1954 di Fausto Coppi

Con questi scatti sono certo di fare più che altro un regalo all'amico Gianfranco Trevisan, da due mesi ormai in ansia per le sorti della sua preziosa ed amata Bianchi del 1954 appartenuta a Fausto Coppi, attualmente esposta presso il Museo dei Campionissimi.
In questo esemplare sono presenti molti dei trucchetti e delle modifiche volute o pensate dallo stesso Coppi e dal suo meccanico Pinella De grandi. Nella foto quà in alto si può notare come il manubrio sia stato reso ergonomico nel punto della presa con un inserto in gomma, nelle foto di repertorio si nota che Coppi non imbottiva la nastratura del suo manubrio, quindi è plausibile che questa imbottitura sia stata messa per agevolare la pedalata di Fausto a seguito di uno dei suoi tanti infortuni... Nel tubo della forcella Fausto era solito inserire un manico di scopa per irrigidire l'avantreno, smorzare le vibrazioni e al contempo evitare accumoli di acqua e sporco all'interno del tubo stesso. Altra caratteristica tipica delle biciclette di Fausto era la notevole altezza del telaio, 61,5 c-f, la pipa manubrio invece è lunga 12cm.
La guarnitura composta dalla doppia corona TA in duralluminio di produzione francese, mentre le pedivelle sono le classiche Bianchi in acciaio, bellissimi i pedali sempre in duralluminio marca FOM, altra costante delle bici usate da Fausto.
I freni sono Universal mod.51 brevetto n°453949, anche in questo caso si può notare la differenza rispetto al modello di serie, infatti il meccanico Pinella usava modificarli applicado un ferma guaina registrabile.
Nella foto che ritrare il mozzo posteriore si può notare che il tipo di Campagnolo impiegato e del vecchio tipo, con flangie piatte... i mozzi Campagnolo in uso nel 54 erano con flangie bombate, l'uso di un mozzo vecchio tipo ha obbligato il meccanico a dotare l'asse centrale di diversi distanziatori per adattarlo alle battute del telaio.